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Intervista al Sig. Calabrese Gerardo

Intervista al Sig. Calabrese Gerardo

Giovedì 5 novembre, ci siamo messi in contatto telefonico con il sig. Gerardo Calabrese, prezioso testimone del sisma dell’80 che colpì tragicamente tutti i paesi dell’Irpinia, per farci rilasciare un’intervista.

La nostra maestra lo ha contattato telefonicamente poiché sarebbe stato poco opportuno un’intervista “dal vivo” a causa dell’emergenza epidemiologica che stiamo vivendo; inoltre, noi studenti siamo attualmente in DDI, pertanto la soluzione migliore era fare una telefonata.

“Signor Calabrese, innanzitutto lei dove si trovava durante quel fatidico 23 novembre?”

“Io tornavo a Lioni da Firenze; sull’autostrada, volendo fare benzina mi accorsi che era tutto spento, era saltata l’elettricità. Pensai ad un attentato… proseguii tenendo con me le due radio accese, e proprio dalla radio trasmittente che avevo in auto seppi che a Napoli era crollato un palazzo. Verso la salita di Monteforte, la radio RAI trasmise la notizia che c’era stato un sisma di una certa importanza, fra Potenza ed Eboli.”

“Cosa accadde una volta arrivato a Lioni?”

“Mi resi conto che l’epicentro era proprio qui, quindi cercai di mettermi in contatto con qualcuno usando la radio trasmittente, ma nessuno rispose…, allora raggiunsi Serro di Morra e da lì, attraverso un ponte radio del Vulture, mi misi in contatto con dei radioamatori di Barletta, ai quali raccontai il drammatico scenario: spiegai che vi era stato un tragico errore! L’epicentro era in Irpinia, non fra Potenza ed Eboli! Mi risposero che la nostra sfortuna fu che i mezzi di soccorso di Taranto e Bari si stessero dirigendo proprio alla volta di quelle zone! Grazie alla catena di ponti dei vari radioamatori mi chiamò Roma: raccontai che a Sant’Angelo dei Lombardi erano morti il maresciallo e altri carabinieri della caserma; a Lioni erano crollate le caserme dei VVFF, della forestale e dei carabinieri… quindi non vi era alcuna possibilità di collegamento con nessuno per organizzare i soccorsi. “L’unico mezzo che consentiva di trasmettere le notizie e di restare collegati era proprio la mia radio che avevo in auto”.

Quali sono state le paure che ha provato in quei momenti?”

“In quel momento, il senso di paura più forte era quello di avere la consapevolezza di essere il solo che poteva comunicare con il mondo fuori… Quella sera, oltre alla nebbia che invase il paese, si era miscelata la polvere dei crolli: c’era un buio pesto, sentivo in lontananza i lamenti della gente scampata che cercava all’esterno del paese degli spazi liberi, lamenti di sofferenza, pianti strazianti… un ambiente spettrale…”

Qui il racconto del signor Calabrese diventa incalzante, concitato; dalle sue parole traspare un’intensa commozione che solo chi è stato testimone degli eventi può provare.

“Come sono stati organizzati i primi soccorsi?”

“Da Napoli – continua – mi chiamarono i CC per informarmi che avrebbero mandato tre camion di aiuti nelle nostre zone, ma purtroppo le attrezzature trasportate dai camion per togliere le macerie non risultarono adatte poiché ci sarebbe stato bisogno di ruspe e gru per cercare di liberare le strade; i soccorsi non furono ben coordinati e si perse tempo prezioso!” “Ma, come?”scrisse il direttore del Corriere della Sera“Non era forse giunto da Lioni il primo grido d’allarme? E allora, perché i mezzi di soccorso non sono partiti?”

“Durante quella notte, mi incontrai anche con Padre Venanzio e Padre Roberto i quali quasi mi rimproverarono per l’eccessivo allarmismo che avevo creato… ma si sarebbero ben presto ricreduti da ciò che avrebbero visto l’indomani mattina. Nei giorni successivi, è stato solo grazie ai radioamatori della zona che si riuscirono a tenere le comunicazioni in Italia e anche con l’Estero.”

A questo proposito, esiste un sonoro, che fu poi denominato la voce del terremoto che rappresenta l’unica fonte audio che possediamo: in una libera stazione radio di Lioni, al momento della scossa, fuggirono tutti lasciando accesi i microfoni delle apparecchiature, che continuarono a registrare i terribili boati provenire dalle viscere della Terra.

“Ulteriore testimonianza – prosegue nel lucido racconto il signor Gerardo – è l’orologio della stazione radio che si fermò alle ore 7 e 36 (pomeridiane) perché, evidentemente, le vibrazioni del sisma fecero staccare le batterie dell’orologio rimanendo così bloccato… Per quarant’anni, quell’orologio io non l’ho mai toccato.”

“E’ riuscito a superare questo trauma? Come?”

“Le vicissitudini della vita ti fanno andare avanti… Io non mi sono mai fermato, ricostruendo l’attività della tipografia che era stata completamente distrutta.”

Terminata l’intervista, noi tutti abbiamo salutato e ringraziato con calore il signor Calabrese, ma il saluto più bello ce lo ha mandato proprio lui:

“Grazie a voi che avete avuto la pazienza di ascoltare un vecchio di quasi 80 anni… E’ stato un grande onore poter essere stato utile ai giovani”.

Alunni classe 5a sez. B Primaria Lioni

Carla Capponi
Carla Capponi
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