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10 febbraio 2021: 76° anniversario del Sacrificio di Giovanni Palatucci

10 febbraio 2021: 76° anniversario del Sacrificio di Giovanni Palatucci

Tre quarti di secolo ci separano dalla fine delle operazioni belliche che sconvolsero l’Europa, e non solo, lasciandosi alle spalle distruzione e morte. Allora, come tante altre volte nel corso della storia dell’umanità, la violenza e l’odio la fecero da padroni e coinvolsero milioni di persone che apparvero stregate da motti, proclami e parole d’ordine di ogni tipo che, come grimaldelli, scardinarono l’animo dei più e vi instillarono tanto veleno da provocare la morte di più di sessanta milioni di individui. E la violenza non si limitò ai campi di battaglia, ma colpì gente inerme in una furia distruttiva che nulla risparmiò, né i singoli, né i popoli.
Già i popoli, e tra essi uno in particolare, gli Ebrei, additati come la causa di tutti i mali dell’umanità e perciò indegni nemici cui non spettava più il diritto all’esistenza, che pure avevano raggiunto non da molti decenni in Europa, che li aveva a lungo ghettizzati e fatto oggetto di pogrom ben orchestrati e diretti.
La via nazista alla rigenerazione del popolo tedesco passava attraverso l’eliminazione di una serie di “cause” delle sue precedenti sconfitte e tra esse vi era la deleteria presenza degli Ebrei e la necessità di spazzare i confini nazionali ad oriente per consentire alla nuove generazioni di espandersi a dismisura e dar vita al grande terzo reich che, per mille anni, avrebbe retto le sorti del mondo.
A raccontarla sembra la trama di un film per ragazzi in cui il buono ed il cattivo di affrontano perennemente; ma a viverla fu un’intera generazione che, sulla propria pelle, sperimentò l’arroganza del potere e la sua violenza, pagando un prezzo altissimo. E tra gli altri, il popolo ebraico subì un trattamento del tutto speciale: dapprima ghettizzato di nuovo, poi privato di ogni diritto, quindi espulso dalla società civile, infine destinato all’eliminazione fisica.
Era questo il quadro generale in cui il funzionario di Polizia, il dottor Giovanni Palatucci da Montella, in servizio alla Regia Questura di Fiume, si trovò ad agire.
Era nato il 29 maggio del 1909 in una modesta famiglia in Via San Silvestro da Felice , amministratore e uomo di fiducia della ricca famiglia Capone, e da Angela Molinari, unico maschio tra le due sorelle Carmela e Maria; la sua formazione era stata profondamente cristiana, curata sia dalla madre che dalla nonna paterna, terziaria francescana, e dagli zii, Antonio, Giuseppe e Alfonso, tutti e tre frati conventuali.
Gli studi, la laurea, la scelta di entrare in Polizia; tutte tappe di una vita che sembrava più che ordinaria, compresi i contrasti con i genitori per la sua scelta di allontanarsi dal paese natio per essere una persona che realizza va il suo cammino così come lo aveva pensato e non un semplice oggetto di culto familiare.
Le vicende della vita lo portarono nel 1938 a Fiume, responsabile dell’ufficio stranieri della Questura, proprio mentre in Italia entravano in vigore le famigerate leggi razziali; ad esse Giovanni oppose un intimo rifiuto ed un pratico boicottaggio.
Constatò quanto grande fosse la confusione di chi dall’oggi al domani di trovò ad essere un “signor nessuno” e quanta disperazione stavano vivendo coloro che dai Paesi Slavi fuggivano verso fiume per potersi salvare dalle persecuzioni e dai rastrellamenti che la Gestapo quotidianamente effettuava.
Non fu il solo, Giovanni, ad esecrare quelle leggi e le loro conseguenze; ma fu, di certo, tra i non molti che si adoperarono per fare in modo di aggirarle e di dare una speranza di vita a chi sembrava avere perduto ogni cosa. Cooptato dallo zio Giuseppe, che nel frattempo era
divenuto Vescovo di Campagna (SA), città dove fu aperto un campo di internamento per ebrei, entrò a far parte di quella rete sotterranea che in ogni parte d’Italia, obbedendo all’impulso ricevuto dalla Segreteria di Stato vaticana, mobilitò le persone di buona volontà a favore dei perseguitati.
Durò a lungo l’opera clandestina di Giovanni Palatucci, dal dicembre del 1938 sino al settembre del 1955, quando fu tradito e consegnato alla Gestapo che lo arrestò, lo processò e lo condannò a morte, salvo poi ad accogliere la richiesta del Console svizzero, suo amico, e trasferirlo a Dachau, dove si spense miseramente il 10 febbraio 1945.
Quante sono le vite salvate da Giovanni? Una? Mille? Cinquemila? Che importa! Tante quante gli fu consentito dalle sue forze, dalla collaborazione di alcuni amici, dalle vicende storiche che vivevano. Tante quante bastano a rammentare a ciascuno di noi che far finta di non vedere l’ingiustizia significa farsene complice e che tacere significa approvare.
Resistere, ribellarsi , rintuzzare e contrastare l’opera di chi opprime anche un solo individuo è il vero grande merito di Giovanni Palatucci e la lezione che e gli ci lascia.

Don Franco Celetta

Silvia De Simone
Silvia De Simone
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