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I piatti tipici autunnali dell’Irpinia

I piatti tipici autunnali dell’Irpinia

L’Irpinia: la tradizione dell’entroterra

Incastonata nel cuore della Campania, puntellata da rilievi e solcata da valli profonde, l’Irpinia preserva con fermezza un territorio integro e selvaggio, racchiuso tra il Sannio Beneventano e il Salernitano, con i monti Dauni e il Vulture a delimitarne il perimetro. Una terra dove i prodotti autoctoni, dalle carni di maiali bianchi e neri casertani ai salumi, si fanno largo sfoderando tutto il buono della montagna campana, che ha fatto tesoro delle antiche pratiche contadine e pastorali del passato, usanze mantenute in vita dagli artigiani migliori, portate avanti con rispetto per la tradizione ma lo sguardo rivolto al futuro e alle nuove tecnologie. Da Avellino a Lioni, da Ariano Irpino a Calitri, ogni comune offre una tavola ricca e caratterizzata dai sapori intensi di una volta, assaggi imperdibili durante un tour fra le località più peculiari dell’entroterra.

I piatti tipici

A dominare la scena sono le carni, le paste,i  legumi e anche gli ortaggi .Da non perdere il soffritto irpino, con frattaglie di maiale e pomodoro.

Il baccalà alla pertecaregna. Si tratta di una ricetta di origine irpina-lucana molto semplice. Pare che l’origine sia pastorale; infatti il baccalà essiccato era l’unico sistema di conservazione che consentisse di mangiare pesce in zone lontane dal mare, e poi adottata dai briganti che imperversavano quei luoghi. Gli ingredienti da utilizzare sono pochi e di facile reperibilità: baccalà, peperone crusco e olio extra-vergine d’oliva.

La minestra maritata  si chiama così perché la verdura si sposa con la carne, è un piatto povero come la maggior parte della tradizione irpina ma che con il giusto equilibrio degli ingredienti diventa una squisitezza unica.

Maccaronara al tartufo. Parliamo di due prodotti espressione del nostro territorio è un formato di pasta fresca fatta a mano con la forma di un grosso spaghetto. Il tartufo, il nero di Bagnoli Irpino, è uno dei tuberi più buoni d’Italia. Insieme questi due prodotti nostrani creano un connubio irresistibile.

Mugliatielli. Anche questo è uno degli emblemi della tradizione enogastronomica della provincia di Avellino Per prepararlo si utilizza le interiora dell’agnello. Era uno di quei piatti che la tradizione riservava ai ceti meno abbienti proprio perché utilizzava gli scarti dell’animale.

Il mallone e la pizza di “graurignolo” ovvero quel piatto preparato con foglie di broccoli e patate spesso accompagnato dalla classica pizza di granone. E’ una ricetta molto antica, povera ma ricca di sapori. Il piatto prende il nome dalla forma che ricorda un grosso mallo di noce, che assumono le rape strizzate dopo la cottura. Un cibo molto economico, ma saporitissimo.

La maccaronara con lardiati. Un sugo robusto per avellinesi veraci, dove la parte del leone la fa il lardo salato, oggi forse non a buon mercato, ma un tempo conservato sotto sale nelle cucine più povere di campagna, per sfruttare fino all’ultimo tutto quanto il maiale offriva, anche le parti di scarto.

Fagioli con le cotiche. Una ricetta antica questa che affonda le sue origini nella cultura contadina che faceva nascere grandi pietanze da ingredienti poveri, anzi poverissimi. Un piatto tipico legato alla tradizione italiana, rustico, semplice e molto facile da preparare. Pochi ingredienti fanno di questa pietanza un piatto magnifico, si tratta basicamente di una zuppa con fagioli e cotenna (ossia la pelle del maiale).

Cannazze di Calitri una pasta di origini antiche: già le cronache del ‘700 riportavano le descrizioni di un tipo di pasta lunga e tubolare, che veniva messa ad essiccare sulle canne. Ed infatti le cannazze sono un formato di pasta che ricorda lunghi maccheroni da spezzare con le mani. A Napoli li chiamano ziti, perché nel dialetto meridionale la zita è la sposa, la vergine e le cannazze sono il piatto tipico dei matrimoni di una volta, quando i banchetti duravano anche due giorni e sul finire della festa, all’alba, dopo il dolce non poteva mancare il piatto di cannazze.

Ciambotta  è una lontana parente della famigerata ratatouille francese. Molto ricca di verdure, che in inverno danno energia sufficiente per affrontare il freddo prima dei cenoni di Natale, la ciambotta è un tipico piatto di molte zone del sud Italia. Sostanzialmente si tratta di un vero e proprio stufato, che può essere gustato sia come antipasto sia come portata principale, a seconda degli alimenti che si decide di utilizzare per la sua preparazione; esistono diverse versioni di questo piatto che comprende ogni tipo di verdure: dalle zucchine alle melanzane con il contributo del sedano, la ciambotta è ottima da servire sia fredda che calda.

I peperoni ripieni  quelli della tradizione napoletana non prevedono riso o carne perchè nascono come piatto povero  in particolare sono uno dei piatti tipici della cucina napoletana, preparati specialmente in estate. A differenza di quelli preparati in molte altre regioni, questi non prevedono l’utilizzo di riso o pasta per il ripieno, nascendo come piatto povero. Il riso, al tempo, era infatti un piatto da ricchi, impossibile da acquistare per le famiglie meno abbienti, che riempivano invece i peperoni con pane raffermo, acciughe, capperi, qualche oliva e tutto ciò che avanzava da tavola. Successivamente, nel ripieno furono aggiunte le melanzane o anche la carne, fino ad arrivare alla versione che si prepara oggi.

Carne di maiale, patate e peperoni sott’aceto è molto diffuso nelle zone fra Avellino, Villamaina, Gesualdo e zone limitrofe è un piatto che si può ancora assaporare visitando queste terre. Sostanzioso, saporito e facile da preparare, è un piatto composto d’ingredienti semplici: le patate, la carne di maiale ed i peperoni rossi, tondi, conservati sott’aceto da gustare sia  caldo o sia  freddo accanto ad una gran varietà di secondi piatti, soprattutto di terra.

Verza e fagioli un piatto autunnale, anticamente era utilizzato nella cucina dei contadini servito quasi sempre come zuppa accompagnato con pasta, pane duro o in alcuni casi anche con pezzi di carne. In Italia  abbiamo quattro varietà: cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo cinese e cavolo nero. Il cappuccio caratterizzato da un grosso cespo a testa globosa, può essere verde biancastro nella varietà alba  oppure rossastro nella varietà rubra . Il cavolo verza è generalmente di un verde più scuro, a volte azzurrato, sono il tardivo di Milano e la testa di ferro. La verza va meglio per le minestre ed è molto utilizzata nella cucina lombarda, dove è ingrediente fondamentale per degli involtini o i pizzoccheri. Il cavolo cinese trova la sua origine proprio in Cina, aspetto è simile a quello della lattuga romana, il sapore è dolce, aromatico e più deciso rispetto agli altri cavoli è altamente depurativo per il fegato e l’apparato renale.

Castagnaccio questa torta rustica semi-dolce è nota sin dal Cinquecento. Un tempo era detto anche pane di legno o pane dei poveri per la semplicità degli ingredienti. La ricetta originaria è davvero molto semplice: la farina di castagne ricavata dalla macinazione delle castagne essiccate, densa, saziante e nutriente, si mescolava con acqua, olio e rosmarino per ottenere un pane basso, non lievitato, che sostituiva quello più prezioso ottenuto dalla farina di frumento. Già in origine, però, non si conosceva una ricetta codificata del castagnaccio, che poteva essere arricchito con lo zucchero, la scorza d’arancia, i semi di finocchio, il miele ma anche il cacio o il lardo in base agli ingredienti a disposizione. Con il tempo, l’uvetta e i pinoli sono diventati i due ingredienti maggiormente apprezzati, e oggi fanno parte della ricetta classica.

La crostata di castagne è un dolce da forno perfetto per l’autunno, in questo periodo le castagne giungono a maturazione ed facile trovarle in commercio. Per una buona riuscita di questa ricetta, consigliano di utilizzare di castagne fresche che conservano una consistenza farinosa. Sebbene all’interno del dolce le castagne siano presenti in grande quantità, esse donano principalmente la struttura del ripieno ma non caratterizzano il sapore in modo eccessivo: questa particolarità rende la crostata perfetta anche per chi non gradisce le castagne, il cui sapore è perfettamente integrato con gli aromi della cannella e dell’arancia e, soprattutto, con il gusto avvolgente del cacao. Insieme ad ogni fetta si può aggiungere un cucchiaio panna semi montata: in questo modo la crostata di castagne avrà maggiore morbidezza e umidità.

Fatto da: I. R. , M. S. , M. S. , F. P. e C. M., classe 3 sez. B

Silvia De Simone
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