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Intervista

Intervista

Intervista da Antonia (F.) a zio Rodolfo

D – Che cosa sono i “Riti di fuoco”?

R – Oggi sono una manifestazione che somiglia molto alle sagre di paese, come ce ne sono tante nella nostra Irpinia. Si mettono in mostra prodotti locali, si preparano cibi serviti in strada, con la musica che accompagna gli ospiti e li tiene in allegria, davanti ai falò accesi, che sono la vera anima della tradizione.

D – E quale tradizione viene richiamata?

R – Quando le attività della comunità di Lioni erano svolte in larga parte nell’agricoltura, e nella cura della montagna, verso la fine dell’autunno, chiuso il periodo della raccolta delle castagne, la regola della buona tenuta del bosco voleva che si raccogliessero i rami secchi, i residui della pulitura e la sterpaglia residuata dalla raccolta delle castagne, o prodotta dalle prime tempeste di vento autunnale. Altra legna, frutto della potatura (ramature), era già stata messa da parte: tutta insieme veniva raccolta da ragazzi, che la chiedevano in offerta agli abitanti del proprio quartiere, e veniva utilizzata per accendere i falò all’incrocio delle strade, in onore della Madonna Immacolata (8 dicembre).

R – Anche religioso, una sorta di ringraziamento per il raccolto. Il vero valore era, però, di natura sociale: in ogni quartiere i ragazzi gareggiavano per ottenere il falò più bello e più grande, e anche più duraturo. Consideriamo che, fino agli anni ’60 del 1900 nelle case era utilizzato solo il riscaldamento con il camino o, anche, con il braciere. Dunque, il giorno della “Madonna de lo ‘ffuoco” era come l’avviso che bisognasse cominciare ad accendere il fuoco in casa.

D – Questa tradizione si è sempre mantenuta?

R – In verità, in seguito al terremoto del 1980, ma anche per l’uso del riscaldamento con il gas (termosifoni), si è perduta l’abitudine all’uso del camino e si era indebolita anche la tradizione dei falò, insieme alla forte diminuzione dell’uso popolare della montagna e dei suoi frutti.

D – Come si arriva alle giornate dei “Riti di fuoco”?

R – A partire dal 2006-2007 i ragazzi dello “Sci-Club”, una associazione di Lioni, propone all’Amministrazione di riprendere quella tradizione, anche per recuperare il significato e il valore dell’idea di quartiere, che con il terremoto si stava perdendo. L’amministrazione accettò volentieri di mettere a disposizione tutta l’assistenza necessaria e si organizzarono i “falò di quartiere”. Ad ogni falò era legata anche la preparazione di un piatto caratteristico, da parte degli abitanti di quel quartiere, a cui una giuria assegnava un giudizio. Tutto si concludeva con un quartiere vincitore. Ovviamente tutti i quartieri erano premiati con la felicità di un bel giorno di festa.

D – Perché non si è continuato in questo modo?

R – Perché tutte le manifestazioni hanno bisogno di trovare le persone disponibili a fare ciò che serve a realizzarle e, soprattutto, in ogni tempo si esprime una diversa sensibilità, che si afferma nella società, e che rinnova la tradizione in forme diverse. In tempi recenti si è trovata questa nuova formula che, secondo la nuova sensibilità, conserva la tradizione antica della “Madonna de lo ffuoco” e la rinnova.

Silvia De Simone
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