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Primo Levi: un testimone dell’Olocausto

Primo Levi: un testimone dell’Olocausto

Allo scrittore Primo Levi viene attribuito il merito di aver fatto conoscere al mondo gli orrori della Shoah, cioè dello sterminio in massa degli ebrei voluto da Hitler durante la Seconda guerra mondiale.

Primo Levi nacque a Torino il 31 luglio 1919 da una famiglia di origine ebraica.

Dopo essersi diplomato al liceo classico, nel 1941 si laureò in chimica, nonostante le leggi razziali del 1938 rendessero difficoltosi gli studi a tutti gli ebrei italiani.

Per motivi di lavoro l’anno successivo si trasferì a Milano, dove entrò a far parte del Partito d’azione clandestino.

Nel 1943, in seguito all’occupazione tedesca, venne catturato e fu dapprima internato nel campo di concentramento di Fossoli, presso Modena, e successivamente deportato ad Auschwitz, in Polonia.

Dal bisogno di raccontare questa terribile e sconvolgente esperienza nacque il romanzo “Se questo è un uomo”, pubblicato nel 1947. Rientrato a Torino, Levi alternò la professione di chimico all’attività letteraria. A questo periodo appartengono il volume di racconti “Il sistema periodico” e il romanzo “La chiave a stella”.

Nel 1982 lo scrittore tornò al tema della Seconda guerra mondiale, raccontando nel romanzo “Se non ora, quando?” la storia di un gruppo di ebrei che combattono, da partigiani, accanto ai sovietici.

Cinque anni dopo, venne pubblicato l’ultimo libro dedicato al tema dell’Olocausto, “I sommersi e i salvati”.

L’11 aprile 1987 Levi fu trovato morto nella sua casa di Torino, forse suicida, schiacciato dal peso della sua terribile esperienza vissuta ad Auschwitz. Infatti nel romanzo “Se questo è un uomo” i suoi ricordi, precisi e nitidi, si svolgono in una successione di immagini drammatiche che documentano la “non vita” dei “non uomini” che tentano in tutti i modi di sopravvivere alla fame, al freddo, al duro lavoro, alle selezioni periodiche per la camera a gas.

 

Io penso che Primo Levi possa essere stato più fortunato rispetto ad altri ebrei deportati in campi di concentramento perché a causa di un problema di salute fu ricoverato e riuscì a salvarsi, non dovendo affrontare la marcia che lo avrebbe portato quasi sicuramente alla morte. Il peso di quest’esperienza è stato difficile da sopportare.

Levi infatti affermava di avere orribili ricordi di quegli anni passati ad Auschwitz e si ipotizza che questi ricordi lo abbiano portato a suicidarsi.

Penso che nessuno riesca a provare il dolore e l’orrore di questi assurdi eventi avvenuti durante la Seconda guerra mondiale.

Anche lui affrontò una lunga marcia di circa nove mesi per tornare a casa.

Le emozioni e le sensazioni riguardo a quel periodo sono state molto dolorose, ed è proprio scrivendo e facendo conoscere agli altri gli eventi storici, che Levi è stato capace di sostenere il peso di queste tragiche esperienze che lo hanno segnato.

Primo Levi è stato uno tra i pochi a sopravvivere alle atrocità dei campi di concentramento e noi dobbiamo sentirci fortunati nel conoscere la testimonianza, attraverso i suoi libri, di un periodo così triste e atroce.

I suoi romanzi sono stati innanzitutto uno sfogo, una liberazione, il bisogno di raccontare tanta crudeltà che non lui riesce a comprendere. “Se questo è un uomo” è l’opera più conosciuta di Primo Levi; in essa c’è sicuramente un messaggio attuale, che dovrebbe farci riflettere sulle disuguaglianze e sulle differenze tra gli uomini.

 

Lavoro di: F.R., classe 3 sez. C

Silvia De Simone
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