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Saluti del sindaco di Teora – Stefano Farina –

Saluti del sindaco di Teora – Stefano Farina –

Come in tutte le cose della vita, bisogna trovare lo stimolo giusto per realizzarle. Ecco perché, ritenendo più che positiva l’iniziativa dell’Istituto Comprensivo “Nino Iannaccone” di pubblicare un giornalino e fortemente stimolato dall’argomento del sisma, ho accettato con piacere di dare il mio contributo.

Ero all’epoca nel pieno della fase adolescenziale e fino a quel brutto giorno ero convinto che la vita fosse solo fatta di accaduti belli. Speravo che le mie giornate di svago durassero all’infinito e, obbligato al calar della sera al rientro a casa, aspettavo con ansia che arrivasse il nuovo giorno. Quella sera invece terminò in modo diverso e, il nuovo giorno, ebbe inizio differentemente e soprattutto non per tutti. Così capii cos’è la vita ….

Sarei istintivamente portato a calarmi nel racconto di quelle drammatiche ore e di quel tragico periodo, forse gli alunni ne sarebbero incuriositi, ma preferisco aprire una riflessione su quello che tale evento avrebbe potuto rappresentare per uno sviluppo conseguente e che, per molti versi, non ha rappresentato. Esprimo quindi tre considerazioni. La prima, che al solo ricordo mi provoca dispiacere, è l’analisi della ricostruzione abitativa nel mio paese, soprattutto perché preceduta da una repentina azione di demolizione, che oggi, definisco convintamente selvaggia e che, in aggiunta ai danni procurati dal sisma, ha ulteriormente contribuito ad eliminare ogni traccia storica degli edifici di un tempo, cancellando quel poco che oggi poteva essere caratterizzante. Aggiungo che il ricostruito, non solo non ha potuto riproporre la conformazione urbanistica di un tempo, ma ha snaturato l’identità dei nostri popoli, realizzando appartamenti in stecche di cemento sviluppati in forma verticale e con tetti piatti, ignorando che l’abitudine secolare dei nostri popoli era quella di poter portare legna e farina mentre nevica, abitando quindi case basse e con tetti spioventi. La seconda è sicuramente relativa all’industrializzazione nelle aree del cratere che a mio avviso ha rappresentato, solo per certi aspetti e per troppo poco tempo, una occasione di rilancio occupazionale.  Sono pochi gli imprenditori che hanno ottenuto e utilizzato i finanziamenti per avviare la loro attività nelle zone colpite dal sisma, ma altri, purtroppo la parte maggioritaria, hanno solo colto la ghiotta occasione, anche per risolvere annosi problemi nella loro azienda primaria posseduta al nord. Oggi più che mai, è del tutto evidente che sono state tralasciate le vocazioni vere dei nostri territori quali agricoltura e ambiente. Vocazioni anche utili per esaltare una proposta turistica che, se ben organizzata, avrebbe potuto rappresentare un’importante fonte di rilancio per territori che oggi pagano anche per non aver saputo cogliere una opportunità. Desertificazione e spopolamento ne sono la prova evidente. Anche se, proprio queste due debolezze, in questo periodo di pandemia mondiale, potrebbero rappresentare una soluzione per un rilancio economico e sociale. Si aggiunge una terza considerazione, in questo caso rispetto al grado di preparazione nei nostri comuni in relazione ad un possibile nuovo evento sismico che, come ben sappiamo, tocca ciclicamente i nostri territori. Perché se è vero che tutti i comuni hanno redatto un piano di protezione civile, è allo stesso modo vero che sono stati poco sperimentati e che, in caso di evento sismico, pochi sarebbero pronti a dare una risposta tempestiva e appropriata. A tal proposito è da condannare fermamente la dismissione del centro sismologico di Sant’Angelo dei Lombardi, che assomiglia alla scelta fatta per anni di economizzare sull’assistenza sanitaria, che oggi in piena emergenza covid-19 stiamo pagando.

E’ anche per questo che ricordare dopo 40 anni quella tragedia non è solo un malinconico ricordo di come eravamo, o un atto doveroso verso chi non c’è più, ma rappresenta una scelta razionale, ritenendo che l’analisi postuma di quello che è stato, può rappresentare ancora oggi il punto di partenza per correggere errori che,  se riconosciuti, anche  a distanza di anni, possono rappresentare  una ulteriore opportunità di sviluppo e la giusta condizione per non farsi trovare impreparati rispetto a possibili eventi futuri. Insomma, ricordare per non dimenticare, ma anche e soprattutto per migliorarsi.  Ad esempio, se il covid-19 non ce lo avesse impedito, l’organizzazione di una serie di eventi per i 40 anni dal sisma del 1980, realizzati in più paesi e per un lungo arco temporale, avrebbe potuto rappresentare l’occasione per un turismo di ritorno, rappresentato dai tanti volontari di quel tempo.  Insomma, deve essere chiaro a tutti, soprattutto alle nuove generazioni, che un episodio negativo non deve rappresentare un periodo della nostra storia da cancellare o archiviare, ma al contrario da utilizzare sapendone individuare aspetti utili per la costruzione di momenti di crescita umana e sociale.

  Stefano Farina

Viviana Miele
Viviana Miele
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