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Un bambino tra la polvere – Testimonianza di Antonio Gottardi

Un bambino tra la polvere – Testimonianza di Antonio Gottardi

Erano le 19:30 di domenica 23 novembre 1980. Avevo 9 anni. Stavo giocando a nascondino con gli amici e le amiche del quartiere. Ci rincorrevamo come pazzi tra i vicoli del paese; eravamo tutti accaldati anche perché era una serata stranamente molto calda per essere fine novembre. Mi trovavo in un vicolo che si affacciava sul corso del paese. Mentre cercavo di stanare i miei compagni vidi tante signore che, da poco uscite dalla messa serale, passeggiavano sottobraccio a gruppi di quattro o cinque. Ad un certo punto udii un rumore forte e sordo come quello di un enorme aereo a bassa quota; guardai il cielo buio ma non vidi nulla.

In una frazione di secondo notai che le tegole di una casa a pochi metri da me stavano volando via e le signore per strada erano terrorizzate da qualcosa che non riuscivo a capire. A quel punto avvertii la strada muoversi sotto i miei piedi. Cercavo solo di non cadere… pur stando fermo! Alla mia destra e alla mia sinistra però precipitavano cornicioni, tegole e pietre. Mi spaventai ed iniziai una folle corsa senza meta. In quel momento andò via la corrente: era buio pesto e fui costretto a fermarmi ma, ancora una volta, mattoni e pietre riempivano lo spazio intorno a me. C’era polvere dappertutto e non respirarla era impossibile.

Intorno a me la gente urlava, cadeva, cercava i propri cari. Era puro panico generalizzato. Nel buio riuscivo solo a percepire la direzione che, in corsa, la gran parte delle persone prendeva, ossia quella opposta a casa mia. In quel momento pensai ai miei genitori che, probabilmente, mi stavano cercando. Invertii la mia corsa ma essendo controcorrente avanzavo lentamente perché molti adulti ostacolavano il mio percorso verso casa. Venni travolto e caddi più volte. Così decisi di attendere su uno scalino, sotto ad un portale. L’attesa durò un paio di minuti e, quando ormai la gran parte delle persone furono passate, sentii una voce familiare: era quella di mia madre che urlava il mio nome.

Mi afferrò per una mano e nel buio imboccammo un vicolo in salita che portava a casa di mia nonna. Era lì che, secondo mia madre, doveva trovarsi anche mia sorella. Purtroppo una casa del vicolo era crollata e fummo costretti a passare sopra i cumuli di cemento. Mia madre pensò al peggio: che mia nonna e mia sorella potessero trovarsi proprio sotto le macerie che in quel momento stavamo calpestando. Iniziò a piangere… Raggiungemmo comunque la casa di mia nonna: la porta d’ingresso era spalancata ma l’abitazione era vuota. Mia madre allora pensò che, nel tentativo di raggiungere casa nostra, mia nonna e mia sorella fossero davvero finite sotto quelle macerie.

Iniziammo ad ispezionare il quartiere chiedendo eventuali notizie alle pochissime persone ancora rimaste per strada. Nessuno aveva visto mia nonna e mia sorella; spesso la gente non ci riconosceva per via della polvere e del buio. Dopo aver girovagato e cercato per almeno un’ora una donna ci riconobbe e ci fornì un’informazione importantissima che tolse dall’angoscia mia madre: aveva visto mia nonna e mia sorella dirigersi in una piazza lì vicino. Allora ci precipitammo nel luogo indicatoci: c’erano centinaia di persone nello slargo e, chiedendo qua e là, finalmente trovammo mia nonna e mia sorella. Ci stringemmo in un forte abbraccio. La gioia fu indescrivibile! In quel momento mi resi conto di come la mia famiglia fosse il bene più caro e il principale punto di riferimento per la mia vita.

 

di Antonio Gottardi (papà di Linda, alunna di 1D secondaria di primo grado di Lioni)

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