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Una storia di guerra nel deserto della Libia

Una storia di guerra nel deserto della Libia

Artigliere Eugenio Iannaccone: mio padre

 

La campagna del Nordafrica, conosciuta anche come guerra nel deserto, fu combattuta in un teatro di guerra situato nel Nordafrica, in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco, in cui si confrontarono italiani e tedeschi da una parte, e gli Alleati dall’altra, durante la seconda guerra mondiale tra il 1940 e il 1943.

In quel Regio Esercito inviato in  Libia al comando del maresciallo Rodolfo Graziani, militava anche mio padre Eugenio, appena ventenne. La triste storia della campagna d’Africa racconta di altri uomini: il comandante italiano, Rodolfo Graziani, quello britannico, Bernard Montgomery  e il comandante delle panzer division, generale Erwin Rommel, denominato “la volpe del deserto”. Gli eventi che li videro protagonisti, in tre anni di cruenti battaglie, sono narrati nei libri di storia, oltre ad aver ispirato film famosi. Ciò che invece è sconosciuto, se non tramandato in qualche racconto ai propri cari,  sono le “piccole storie” di tanti giovani soldati mandati allo sbaraglio contro un nemico, meglio equipaggiato, nell’inferno del deserto sahariano.

Di quell’assurda guerra raccontata da mio padre, mi piace ricordare un episodio che se fosse andato diversamente io non sarei mai nato e, se sono qui a raccontarlo, è solo perché un pilota inglese, il nemico, in una determinata occasione ebbe un comportamento inaspettato.

Era un giorno qualunque del 1942, come spesso gli accadeva, partito da Tobruk con il suo camion Lancia  (con avviamento a manovella) carico di viveri per le truppe al fronte, percorreva l’unica strada in mezzo al deserto del Sahara con 50 gradi all’ombra e  campi minati da ambo le parti.

Quel giorno, però, fu diverso, qualcosa di terribile stava per accedere. Come sbucato dal nulla un caccia inglese della RAF si abbassò e cominciò un fitto mitragliamento che mise subito fuori uso il mezzo. Il soldato Eugenio, miracolosamente vivo, si trovò scaraventato fuori sulla sabbia mentre il camion cominciava a prendere fuoco, ma non era finita…il caccia dopo aver virato tornò verso di lui per completare l’opera. Gli restava poca scelta: o saltare sulle mine poste ai lati della strada o attendere le pallottole inglesi. Disteso a terra, preferì la seconda scelta, almeno avrebbero potuto ritrovare il suo corpo intero e recuperare il piastrino di riconoscimento per restituirlo alla famiglia. Sono attimi che durano un’eternità, ma quel giorno “la grande mietitrice” aveva deciso che non era ancora la sua ora. Accadde infatti che il caccia, abbassatosi a pochi metri dal suolo, tanto da poter vedere il volto del pilota, dopo una fitta raffica sul mezzo riprese quota nei cieli della Libia risparmiando il nemico inerme che giaceva al suolo.

Nell’attimo in cui ebbe la sua vita tra le mani, quel pilota inglese, che aveva compiuto la sua missione di distruggere il carico di viveri, decise di restare un soldato, un uomo e non un volgare assassino. Nessuno poté sapere mai dell’altro, ma per un attimo i loro destini si erano incrociati.

Le pallottole inglesi lo avevano risparmiato, ma il sole africano picchiava implacabile, la sua odissea non era finita, per sopravvivere bevve l’acqua del radiatore, che ormai era solo un liquido dal sapore  misto di ruggine e carburante.

Il mattino seguente, un nuovo convoglio lo raccolse e lo riportò al comando. Fine della storia.

Dell’inferno vissuto nei tre anni di guerra nei deserti africani dall’artigliere Eugenio Iannaccone, dopo la sua scomparsa, restano i ricordi dei suoi racconti, qualche foto sbiadita e una croce di ferro al merito di guerra che conservo nel mio studio.

Mario Iannaccone: Dirigente dell’IC “N. IANNACCONE” DI LIONI

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Silvia De Simone
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1 Commento

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    Giuseppina Iandiorio
    27 Gennaio 2021, 23:29

    CARO DIRIGENTE, STIMA E ONORE A VOSTRO PADRE..GRANDEEEE EROE ❣

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