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“23 Novembre 1980” canto popolare – tratto da Opere Margottiane

“23 Novembre 1980” canto popolare – tratto da Opere Margottiane

“Pecche si ‘a luna ‘ncielo è accusi bbella, ‘ncopp’a sta terra nce sta paura e mmorte?Quattuordice anne , tanno ,chella notte , e ‘stu pensiero , ca mo è ‘nu ricordo . Era nuvembre , e ‘o cielo era ‘na gnostra , migliare ‘e stelle e chella luna, janca.Janche erano ‘e ffacce ‘e chella ggente ca s’astrigneva e ca tremava forte. Era novembre, e ‘na serata dolce, ‘a luna, chella luna, e chi s”a scorda!

E’n luntananza ‘nu chiarore ‘e fuoco;tinta marvaggia,cuperta ‘e distruzione.’O viento s’diziaie a ppoco a ppoco,purtanno’nu lamiento ‘e cumpassione. 

Pecchè si ‘a luna ‘ncielo è accusi bbella, ‘ncopp’a sta terra nce sta paura e mmorte?Quattuordice anne , tanno ,chella notte , e ‘stu pensiero , ca mo è ‘nu ricordo. Era nuvembre , e ‘o cielo era ‘na gnostra , migliare ‘e stelle e chella luna, janca.”

 

(Canto popolare intonato dalle popolazioni nei punti di ritrovo all’indomani della tragedia)

 

 

I resoconti dell’Ufficio del Commissario Straordinario hanno quantificato i danni del patrimonio edilizio . È risultato che dai 679 comuni che costruiscono le 8 Aree interessate globalmente dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno, e Foggia), 506 (il 74%) sono stati danneggiati. 

Crolli e devastazioni avvennero anche in altre province campane e  nel potentino , come a Balvano dove il crollo della chiesa di Santa Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa.

 

Lioni con la sua piazza, Balvano con i vecchi e i bambini tenuti per mano che aspettano il prete per la benedizione ma vengono schiacciati dalle macerie, Sant’Angelo dei Lombardi col suo ospedale accartocciato, la  Lucania ferita a morte.

Lo Stato che non c’era e un presidente partigiano, Sandro Pertini,  che tre giorni dopo (era il 26 novembre) arriva nel cratere irpino e si indigna :“Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci”, dirà in televisione, “Ancora dalle macerie si levano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”.

La faccia di quell’uomo amato da tutto il Paese, le sue parole pronunciate con voce tremante, scossero l’Italia e in migliaia, ragazzi e ragazze, operai delle industrie, tecnici e professori, arrivarono nel cuore del Sud.

Al di là del patrimonio edilizio, già fatiscente a causa dei terremoti del 1930 e 1962, un altro elemento aggravò gli effetti della scossa … e fu il  ritardo dei soccorsi. I motivi furono molteplici: la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell’entroterra, dovuta all’isolamento geografico delle aree colpite e al crollo di ponti e strade di accesso, il cattivo stato della maggior parte delle infrastrutture (tra cui quelle per l’energia elettrica e le radiotrasmissioni, il cui danneggiamento rese quasi impossibili le comunicazioni a distanza) e l’assenza di un’organizzazione di protezione civile che consentisse azioni di soccorso in maniera tempestiva e coordinata. 

 Il primo a far presente questa grave mancanza fu il presidente della Repubblica Sandro Pertini: nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio e altri ministri e consiglieri, Pertini si recò in elicottero sui luoghi della tragedia, dove lo aspettava l’allora ministro degli affari esteri, il potentino Emilio Colombo.

 In un discorso in televisione rivolto agli italiani l’allora Capo dello Stato denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo 5 giorni. Le dure parole del presidente della Repubblica causarono  l’immediata rimozione del  prefetto di Avellino  e le dimissioni (in seguito respinte) del ministro dell’Interno Virginio Rognoni; il discorso del capo dello Stato ebbe come ulteriore effetto quello di mobilitare un gran numero di volontari che furono di grande aiuto in particolare durante la prima settimana dal sisma. 

L’opera dei volontari fu in seguito pubblicamente riconosciuta anche con una cerimonia a loro dedicata in Campidoglio a Roma.

 

 

 

La storia di un paese è la storia di tanti paesi dell’Irpinia e della Basilicata: raccontare e ricordare il 23 novembre 1980 ed i giorni successivi, tralasciando le immagini forti per rispetto verso chi ha vissuto in prima persona questa immane tragedia, è un dovere comune.

Immagini scolpite per sempre nella memoria di tutti.

“Ognuno di noi ha la propria storia da raccontare di quel giorno che ha cambiato la vita di tutti ed ha segnato uno spazio temporale tra il prima e il dopo”.

Per non dimenticare, per avere sempre memoria della memoria.

 

S. F. , C. C. , E. D.R., S. F. 

 

                                                         Classe 1 sez. A  Scuola Secondaria di Primo Grado -PLESSO DI LIONI-

 

 

Viviana Miele
Viviana Miele
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