Spesso quando si parla di didattica inclusiva si commette l’errore di pensare che sia qualcosa che
riguarda solamente gli allievi con Bisogni Educativi Speciali. Il vero significato del termine è
invece da ricercare nella sfera educativa, sociale e politica, partendo dall’integrazione fino ad
arrivare ad una reale inclusione degli alunni, in un contesto partecipativo e collaborativo.
La didattica inclusiva è quindi una modalità educativa che nasce per garantire la comprensione
del bisogno educativo del singolo e per mettere in atto di riflesso soluzioni funzionali, superando le
rigidità metodologiche e le differenze di ogni sorta.
Tra le esperienze a sostegno dell’inclusione c’è sicuramente la scrittura. Lo scrivere è l’ultimo atto
di un interminabile processo interno che va accompagnato da adulti significativi: scrivere può
aumentare lo spazio della libertà interiore, lo spazio del rispetto delle differenze.
La storia dell’insegnante Erin Gruwell può rappresentare un importante spunto di riflessione per
sottolineare gli effetti, anche di integrazione sociale, che può avere un’azione didattica di qualità
finalizzata all’inclusione e il potere terapeutico che può derivare dalla scrittura.
L’insegnante di inglese Erin Gruwell, al suo primo incarico, viene assegnata alla Woodrow Wilson
High School di Long Beach, California. Entusiasta di poter partecipare al programma di
integrazione razziale nelle scuole, si scontra con una dura realtà che la costringe a rivedere
drasticamente le aspettative riguardo al proprio lavoro. Sono ancora fresche le ferite dei disordini
di Los Angeles del 1992 e i diversi gruppi etnici sono in uno stato costante di guerra non
dichiarata.
A soli 24 anni, Erin si trova a gestire la classe 203, dove è stato istituito il corso di riabilitazione
sociale che mira all’educazione di giovani (di diverse etnie) criminali e ragazzi a rischio. Erin riesce
ad ottenere la fiducia dei suoi alunni passo dopo passo, cominciando dal comprare loro libri nuovi,
molti dei quali sull’Olocausto, argomento di cui tutti gli studenti, meno uno, non avevano mai
sentito parlare. Oltre a ciò Erin inizia un progetto di scrittura consegnando ad ogni studente un
diario su cui scrivere giorno dopo giorno la propria storia e i propri pensieri. Così facendo riesce
pian piano ad allontanarli dal crimine e istruirli al meglio possibile. Quei racconti, dichiara Erin,
lasciati alla sera nel mio armadietto, hanno aperto il primo spiraglio tra noi e sono diventati un libro,
che parla al cuore dei loro coetanei e di tutti i genitori». Freedon writers è diventato un best seller
tradotto in 12 lingue da cui è stato tratto il film che ha regalato l’oscar come migliore attrice a Hilary
Swank.
Uno dei 150 studenti originali di Gruwell era Tiffony Jacobs. La sua vita familiare era instabile,
piena di abusi, violenza e povertà estrema. Spesso Jacobs non sapeva da dove sarebbe arrivato il
suo prossimo pasto. Si unì alla classe di Gruwell nel suo secondo anno e disse: “Mi ha mostrato
un modo completamente diverso di vivere e mi ha dato l’opportunità di rendere la mia vita
tranquilla”.
Jacobs ha conseguito la laurea presso la Cal-State Long Beach e ora lavora alla FWF con Gruwell
come coordinatore per la divulgazione di Freedom Writer. Si reca nelle scuole come oratore
motivazionale ed è stata recentemente accreditata per aver cambiato la cultura e il clima presso la
Elizabeth Ann Johnson High School di Mount Morris, nel Michigan.
Il potere della scrittura
L’atto di scrittura ha in sé qualcosa di rivoluzionario. A partire da una semplice pagina di diario,
dove si mettono nero su bianco i propri pensieri, la scrittura ci porta a un processo inesorabile di
conoscenza e consapevolezza. Scrivere di sé equivale a una sorta di seduta terapeutica, dove i
nostri pensieri trovano forma e si ordinano aprendo scorci inediti sulla realtà. A partire dai
frammenti dell’io, dalle esperienze quotidiane, è possibile tentare un processo di ricostruzione. È
quello che fanno i freedom writers della Woodrow Wilson High School quando a partire dalle loro
esistenze disastrate riescono con la scrittura a superare il disordine e approdare a una forma che
ordina i loro pensieri, razionalizzando quanto di emozionale e incontrollato vive dentro di loro. La
scrittura ti salva, quando sei in grado di affidarti a essa, quando non censuri più le tue emozioni,
quando ti aiuta a delineare il baratro a cui ti stai avvicinando. Perché riconoscere il vuoto dentro
di sé è il miglior modo per attraversarlo.
Mario Iannaccone: Dirigente dell’IC di Lioni
2 commenti
2 Commenti
Giuseppina Iandiorio
1 Maggio 2021, 20:30Bravissimo DIRIGENTE, condivido pienamente, sostanzialmente la scrittura è l’ arma vincente per esprimere le nostre inquietudini e le nostre emozioni…
RISPONDIMICHELE
25 Marzo 2022, 16:45Peccato che il diario di quei ragazzi non sia stato tradotto in italiano. Non esiste alcuna edizione, purtroppo.
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