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Giovanni Palatucci: l’uomo che non salvò sé stesso per salvare gli altri

Giovanni Palatucci: l’uomo che non salvò sé stesso per salvare gli altri

Per definizione la solidarietà è un “atteggiamento di benevolenza e comprensione, ma soprattutto di sforzo attivo e gratuito, atto a venire incontro alle esigenze e ai disagi di qualcuno che ha bisogno di aiuto”. Si tratta di un modello che tutti dobbiamo seguire partendo dalle piccole cose della vita. Bisognerebbe prendere esempio da grandi personaggi che hanno fatto del bene per la società e cercare di emulare determinati loro giusti comportamenti. Un italiano, grande simbolo di solidarietà, fu Giovanni Palatucci: poliziotto, vicecommissario aggiunto di pubblica sicurezza e Medaglia d’oro al merito civile. Egli nasce a Montella il 31 maggio 1909, da Felice e Angelina Molinari. L’ambiente familiare influenza l’animo di Giovanni, inculcandogli abnegazione e amore per il prossimo. Il padre lo avrebbe voluto avvocato in Irpinia, ma lui, dopo gli studi liceali, parte per il servizio militare in Piemonte. Precedentemente compie i primi studi a Montella e li prosegue al ginnasio Dionisio Pascucci a Dentecane; si iscrive poi al liceo classico Pietro Giannone di Benevento, ma al termine del primo anno si ritira a causa di contrasti con i docenti; continua gli studi privatamente nel collegio Serafico di Ravello (Salerno), e consegue la maturità da privatista al liceo Torquato Tasso di Salerno. A ventitré anni si laurea in giurisprudenza presso l’Università di Torino con una tesi in Diritto penale, e supera gli esami per Procuratore legale, ma l’avvocatura non lo entusiasma. Nel 1936 si arruola come volontario nel ruolo di Vice Commissario di Pubblica Sicurezza a Genova. Alla fine del 1937 viene trasferito alla Questura di Fiume come responsabile, negli anni successivi avrà incarichi di Commissario e di Questore-reggente dell’ufficio stranieri, ruolo che lo mette a contatto diretto con la dura realtà della condizione degli ebrei. Giovanni Palatucci è un cattolico di profonda fede; non sappiamo quali furono le sue prime reazioni alle leggi razziali, ma da parecchie testimonianze risulta che egli rifiutasse di farsi complice delle persecuzioni. Personalmente la cosa che più mi sconvolge è che ciò che più di tutto dovrebbe essere illegale, diventò legale, per via della follia di pochi uomini. Vi sono state leggi che hanno privato da un giorno all’altro milioni di persone dei loro più sacrosanti diritti civili e umani. In quel momento storico si distingue Palatucci, in tempi in cui l’opinione e la politica italiana è ben lontana dall’essere solidale. Il popolo e i politici, in particolare, non si son fatti scrupoli a speculare nei confronti delle persone che avevano bisogno. È stato calcolato che Palatucci, distruggendo archivi e procurando documenti falsi, abbia, nel giro di sei anni, salvato dalla deportazione almeno cinquemila persone. Rodolfo Grani, ebreo fiumano che conobbe personalmente Palatucci, lo ricorda come “nobilissimo giovane cattolico”. Si trattava di ottocento fuggiaschi che dovevano entro poche ore essere consegnati alla Gestapo. Palatucci avvisa tempestivamente Grani, il quale ottiene l’intervento del Vescovo Isidoro Sain che nasconde temporaneamente i profughi nella vicina località di Abbazia sotto la protezione del Vescovado. Il C.L.N. fiumano viene informato che i nazifascisti avevano cominciato a sospettare della sua attività; a Palatucci viene consigliato di mettersi in salvo, ma lui rifiuta: una sua fuga, disse, avrebbe messo in difficoltà i sottoposti che lo avevano aiutato. Ecco l’uomo che non salvò sé stesso per salvare gli altri: Palatucci fece una scelta tutt’altro che scontata in quel momento storico, pagando con la vita. Si è trattato di un sacrifico di solidarietà da cui oggi traiamo molti insegnamenti, i valori portati avanti da quest’uomo ci aiutano a ricordare le atrocità del passato affinché non vengano più a verificarsi. Arrestato nella sua casa, il 13 settembre del 1944, dalla polizia di sicurezza germanica, il Questore di Fiume che non aveva fatto nomi nonostante le torture, viene condannato a morte per “cospirazione e intelligenza con il nemico”. La pena viene poi commutata nella deportazione e, quaranta giorni dopo l’arresto, Giovanni Palatucci entra nel campo di Dachau con il numero di matricola 117826 così da morire a soli trentasei anni. Il suo impegno ad aiutare il prossimo, la sua bravura e la sua forza sono di insegnamento a tutte le generazioni che sono venute a seguire. Un uomo di tali valori muore lasciando un’impronta e merita di essere ricordato, non solo sui libri di storia, ma anche grazie alle onorificenze che ha ricevuto. Nel 1990 lo Yad Vashem di Gerusalemme lo giudica “Giusto tra le Nazioni” e nel 1995 lo Stato italiano gli attribuisce la Medaglia d’Oro al Merito Civile. Il 21 marzo 2000 il Vicariato di Roma emana un Editto per l’apertura del processo di beatificazione del “Servo di Dio Giovanni Palatucci”, avvenuta il 9 ottobre 2002. Inoltre, papa Giovanni Paolo II lo annovera tra i martiri del XX Secolo. Nel settembre del 2001, la RAI ha dedicato all’eroico funzionario di Polizia uno sceneggiato in due puntate dal titolo “Senza confini”. Il 13 settembre 2006 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato al Presidente del Comitato un messaggio in cui ricorda la figura del dott. Palatucci, come “esempio eroico di coraggio e solidarietà a tutela del valore più alto proclamato dalla Costituzione repubblicana, la dignità umana.

La testimonianza di tutti coloro che hanno vissuto quei drammatici avvenimenti richiama ancor oggi al dovere della memoria, soprattutto nel rapporto con i giovani, affinché si consolidi il rifiuto dell’intolleranza, e dell’odio razziale, e si diffonda il ripudio di ogni forma di intolleranza in favore del rispetto delle diverse identità culturali e religiose dei popoli.” Come Napolitano ha definito Giovanni Palatucci “esempio eroico di coraggio e solidarietà”, altrettanto da me è considerato. Palatucci come esempio di solidarietà rappresenta il buono dell’Italia, anche durante i periodi bui e di tirannia come quello della Seconda guerra mondiale. Per me la solidarietà è essere sempre pronti ad agire quando uno a bisogno dell’altro. Solidarietà è condivisione, amicizia, sincerità, fratellanza e sacrificio. Giovanni Palatucci è stato un eroe italiano che ha illuminato un pezzo della nostra storia. E’ stato un funzionario dello Stato che ha scelto di stare dalla parte della legge dell’uomo e mostra un modello per quello che deve essere un servitore dello Stato. La sua figura, secondo me, esprime ancora oggi un modello esemplare di sacrificio e altruismo nei confronti del prossimo. Sono rimasta molto colpita dalla storia di questo giovane uomo che ha sofferto tanto per salvare la vita di molte persone. Poteva fare a meno di mettersi in pericolo invece ha scelto di fare la cosa giusta e aiutare gli altri. Il suo altruismo ci insegna ad aiutare il prossimo per dare onore e ricordare questi grandi eroi che ci sono stati prima di noi.

 

Lavoro di: M.D.P., classe 3 sez. B

Silvia De Simone
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