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  I BAMBINI DI TEREZIN

  I BAMBINI DI TEREZIN

Terezin è una città-fortezza vicino a Praga (Repubblica Ceca), fu costruita nel 1780 per difendere i territori dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo dagli attacchi della Prussia. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale i tedeschi nazisti trasformarono questo luogo in un centro di raccolta (ghetto) degli Ebrei, in attesa di trasferirli nei campi di sterminio. Dal 1941 fino al 1945 passarono per Terezin 140000 Ebrei. Alla fine della guerra i sopravvissuti erano 17000.

I bambini di Terezin

I bambini di Terezín erano quasi 15.000 minori ebrei (inclusi adolescenti), che tra il 1941 e il 1945, vissero nel Campo di concentramento di Theresienstadt (Terezín) dove giunsero insieme ai loro genitori o parenti. Circa 250 furono i bambini nati nel ghetto. Nelle ultime 2-3 settimane di guerra Terezín fu anche uno dei terminali delle marce della morte e circa 800 bambini (soprattutto adolescenti) vi giunsero così da altri campi di concentramento.

A Terezín i bambini vivevano con le famiglie o in case a loro specificamente destinate. I bambini sapevano dov’erano, ma non sapevano cosa li aspettava; però avevano la consapevolezza di essere in guerra. Le condizioni di vita erano estremamente precarie a causa del sovraffollamento, della fame, e delle malattie. Compiuti i 14 anni tutti erano sottoposti al lavoro forzato. Vi era poi soprattutto la costante minaccia dei frequenti trasporti verso i campi di sterminio. Le autorità di autogoverno ebraico si impegnarono per quanto possibile di dare normalità alla loro vita. Così si organizzarono per svolgere attività sportive e programmi culturali (a volte anche serali) dove i loro insegnanti, (tra cui alcuni dei più celebri intellettuali, educatori, musicisti e artisti ebrei dell’epoca), incoraggiavano a praticare le arti, la musica e a dare espressione alla loro creatività.

Questa poesia ci vuol far capire come è importante stare nella propria casa. L’autore è un ragazzo ebreo che ha la piena consapevolezza della condizione di miseria, di orrore, di fame in cui vive nel campo di concentramento; perciò immagina nella sua mente la sua casa a cui spera di ritornarci presto. Così si rende conto di quanto era fortunato prima a starci.

Questo disegno, che raffigura una farfalla in volo, simboleggia la libertà che purtroppo ai bambini non era concessa.

RIFLESSIONE: facendo questo lavoro di gruppo abbiamo capito di essere molto fortunati per tanti motivi: ci è concesso andare a scuola, poterci vedere con i nostri amici,  poter stare con la nostra famiglia, stare a casa nostra… insomma siamo liberi! Ci è dispiaciuto molto quello che facevano, ingiustamente, nei confronti degli Ebrei.

FATTO DA: C. F., G. D. V., M. D. P. e M. G., classe II sez. B

1 commento
Silvia De Simone
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1 Commento

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    Giuseppina Iandiorio
    27 Gennaio 2021, 10:40

    Toccante testimonianza, è vero !!! Siamo super fortunati avere una casa e una famiglia ( il porto sjcuro)e soprattutto la nostra libertà ❤

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