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Il sisma e le sue conseguenze

Dove accadde il terremoto?

Quarant’anni fa ebbe luogo il terremoto dell’Irpinia, uno degli eventi sismici più gravi della storia italiana. La terra iniziò a tremare alle 19.34 del 23 novembre del 1980, quando una scossa di magnitudo 6.9 colpì un’area compresa tra Basilicata e Campania. Il sisma durò “solamente” 90 secondi ma, per chi visse quella tragedia, sicuramente sembrarono attimi molto lunghi. Il bilancio del sisma fu gravissimo: 3000 vittime, 9000 feriti e circa 280 mila sfollati. Nonostante l’epicentro fosse situato tra Basilicata e Campania, la scossa venne avvertita in mezza Italia, dalla Sicilia orientale alla Pianura Padana.

Quali sono state le cause del terremoto?

Come ogni terremoto, anche questo è conseguenza dell’attivazione di una faglia. L’aspetto interessante del terremoto del 1980 è che, inizialmente, si pensò che l’evento fosse stato innescato dall’attivazione di una faglia di un contesto compressivo, cioè legata allo scontro tra due placche tettoniche. Questa supposizione fu più che ragionevole, dal momento che il terremoto si verificò sull’Appennino; e dove c’è una catena montuosa allora ci sono anche due placche che si scontrano. Nonostante l’apparente ovvietà di questa supposizione, presto i dati raccolti smentirono quest’ipotesi e si capì come il terremoto fosse in realtà di origine estensionale. Si scoprì che l’Appennino è sì frutto dello scontro tra due placche tettoniche, ma solo alla macro scala: localmente può presentare porzioni dal comportamento estensionale, e sono proprio este le principali responsabili dei grandi terremoti del centro Italia, come quello dell’Irpinia del 1980, dell’Aquila nel 2009 o di Amatrice del 2016.

Cosa cambiò ai cittadini che hanno subito questa tragedia?

Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, furono avviati estesi studi in diversi settori disciplinari quali la storia, geologia, sismologia e ingegneria, che hanno segnato un’importante stagione di ricerca e raggiunto rilevanti risultati. Fra questi, lo studio di terremoti della millenaria storia italiana ha messo in evidenza i caratteri sismici del Paese e gli elementi che ancora oggi concorrono a fare dei forti terremoti un nodo cruciale. Queste conoscenze non si sono tradotte in una cultura della sicurezza abitativa da parte della popolazione. Ma i problemi e le ferite del territorio italiano non sono soltanto i terremoti che sono eventi naturali che non si possono prevedere, ma anche il dissesto idrogeologico, provocato dalle modificazioni estreme del territorio da parte dell’uomo. La distruzione e le modificazioni dell’ambiente, e conseguentemente i cambiamenti climatici provocano eventi atmosferici intesi o estremi che producono danni incalcolabili.

Il dopo-sisma e la ricostruzione

Nonostante l’epicentro fosse situato tra Basilicata e Campania, la scossa venne avvertita in mezza Italia, dalla Sicilia orientale alla Pianura Padana.

In un primo momento i soccorsi furono affidati prevalentemente ad autorità locali e volontari. Consideriamo che all’epoca la Protezione Civile non era un’istituzione strutturata e stabile come lo è oggi e, per questo motivo, l’intervento diretto dello Stato richiese più tempo per essere messo in atto. Ciononostante, il giorno successivo al terremoto arrivarono sul posto 22 mila militari, saliti a 27 nelle successive ventiquattr’ore. Per aiutare la popolazione vennero inizialmente predisposte 10 mila tende e 1231 vagoni ferroviari per ospitare i senzatetto, mentre circa 16,5 mila persone rientrarono nelle loro case non appena le perizie ne garantirono l’integrità strutturale. Nel corso dei giorni, visto l’avvicinarsi di un freddo inverno, i senzatetto vennero spostati in strutture più consone come roulottes, scuole o altri edifici pubblici.

 

Lavoro svolto da M.A., E.B., G.G., classe 3°sez. C

Silvia De Simone
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