Il terremoto dell’Irpinia del 1980 fu un sisma che si verificò il 23 novembre 1980 e colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale, con parte della provincia di Foggia entro il confine con le due regioni. Tra le 19.35 e le 19.37 del 23 novembre di quarantadue anni fa tre scosse di terremoto con magnitudo massima di 6.9 si verificarono in rapida successione in Irpinia, zona geografica del Sud Italia compresa tra le province di Salerno, Avellino e Potenza. Secondo stime ufficiali causarono 2.914 morti e danneggiarono 362.000 edifici in 687 comuni, compresi Benevento, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia. Fu tra i terremoti più disastrosi mai avvenuti in Italia: colpì una zona rurale già considerata tra le più povere del paese, con centri abitati isolati e mal collegati, alcuni dei quali vennero quasi completamente rasi al suolo. Gli sfollati furono oltre trecentomila. In realtà, l’evento non fu caratterizzato da un’unica scossa: si ritiene infatti che entro quaranta secondi dalla prima se ne verificarono altre due, anch’esse con magnitudo attorno al 6.4 – 6.6. Localizzare il terremoto fu però un’impresa piuttosto complicata. Innanzitutto, all’epoca la stazione sismica più vicina era quella dell’Osservatorio Vesuviano, a circa 77 km dall’epicentro. Inoltre negli anni ’80 erano pochi i sismometri collegati in tempo reale con una stazione di monitoraggio, rendendo quindi impossibile il calcolo in breve tempo dell’ipocentro e del magnitudo del sisma. A questo si aggiunse ulteriore confusione causata dai media dell’epoca che, non avendo loro stessi dati certi, diffondevano notizie contrastanti in merito all’esatta ubicazione del terremoto. Tutta quest’incertezza, fortunatamente, diede lo stimolo giusto per costruire negli anni a venire una rete sismica moderna e capace di fornire dati in tempo reale.
Articolo realizzato da S.E., classe III sez. D
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