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La vita di Giovanni Palatucci

La vita di Giovanni Palatucci

Giovanni Palatucci è stato un poliziotto italiano, nonché Questore di Fiume, città nell’odierna Croazia, all’epoca facente parte del Regno d’Italia.

Al giorno d’oggi è ricordato come l’eroe che ha salvato circa 5.000 persone ebree che, senza di lui, sarebbero morte nei lager.

Egli nacque il 31 maggio 1909 a Montella. Dopo aver frequentato il servizio militare ed essersi laureato in giurisprudenza, si iscrisse al partito fascista e nel 1936 giurò come vice commissario di pubblica sicurezza, dato che non voleva diventare avvocato e lavorare nello studio del padre. L’anno dopo venne trasferito da Genova alla città di Fiume dove, dopo un po’ di tempo, ne diventò Questore.

Dopo la proclamazione delle leggi razziali (1938), lui, usufruendo del titolo di Questore, nonché di molte amicizie, decise di aiutare tutte le famiglie ebree che poteva. Nel marzo del 1939 sottrasse alla cattura della Gestapo 800 ebrei tedeschi in fuga dalla Germania nazista a bordo di un vaporetto greco.

Quando l’Italia entrò in guerra, Palatucci creò documenti falsi per gli ebrei stranieri e  mandava le persone rimanenti nel campo di internamento di Campagna, in provincia di Salerno, salvandoli così dai campi di sterminio. Lì lo zio di Palatucci Giuseppe Maria, nonché vescovo di Campagna, controllava la vita di queste persone intanto che passava la guerra.

Nel 1943, con la caduta del Fascismo, venne creata la Repubblica di Salò nella quale la città di Fiume non venne inclusa perché situata in una zona strategica che i nazisti chiamarono Zona d’operazioni del Litorale atlantico comandata direttamente da loro.

In quel periodo Palatucci vietò il rilascio di certificati alle autorità naziste se non su esplicita autorizzazione, così da potere avere notizia anticipata dei rastrellamenti e poterne dare avviso.

Sempre nel 1943, il Console svizzero a Fiume, nonché caro amico di Palatucci, gli diede la possibilità di fuggire in Svizzera e lì avrebbe incontrato il consulente svizzero per la Resistenza per creare uno Stato indipendente con capitale Fiume.

Palatucci sapeva che se la guerra fosse finita, sicuramente Fiume sarebbe stata ceduta alla Jugoslavia, ma decise comunque di cedere il biglietto ad un’amica ebrea e ad un bambino sfuggito ai rastrellamenti nazisti. Comunque Palatucci diede alla sua amica una lettera per il consulente. Purtroppo il Questore scrisse prima una brutta copia che venne ritrovata durante un’ispezione a casa sua da parte delle SS, dato che sospettavano di lui già da tempo. Le SS lo portarono subito in centrale e il giorno dopo gli fecero prendere il treno diretto verso il campo di lavoro forzato di Dachau. Palatucci morì il 10 febbraio 1945, due mesi prima della liberazione, a soli 36 anni.

Nelle sue ultime lettere scrisse:

Ho la possibilità di fare un po’ di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare

E nell’ultima scritta il giorno prima della deportazione diceva:

Ci hanno voluto far credere che il cuore è solo un muscolo, ma con me non ci sono riusciti.

Nel 1990, lo Yad Vashem lo riconobbe “Giusto tra le nazioni” e nel 1995, la Repubblica Italiana gli conferì la medaglia d’oro al merito civile.

Per me, Palatucci è stata una persona molto coraggiosa, perché, anche se sapeva i rischi che correva, non esitò un attimo ad aiutare gli ebrei che rischiavano la deportazione e la morte. Sicuramente lui aveva un po’ di paura delle conseguenze, ma il suo cuore lo aiutò a resistere fino alla fine, infatti, sempre nella sua ultima lettera indirizzata ai suoi genitori, chiedeva loro di aiutarlo a ricongiungere un bambino ebreo con i suoi genitori. Questa fu l’ennesima dimostrazione della sua nobiltà d’animo.

 

I.R., classe 3 sez. A

Silvia De Simone
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