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L’attualità dell’insegnamento di Giovanni Palatucci

L’attualità dell’insegnamento di Giovanni Palatucci

Giovanni Palatucci nasce a Montella, in provincia di Avellino, il 31 maggio 1909. Ottiene il diploma di maturità classica al liceo “Torquato Tasso” di Salerno.

Palatucci prima adempie al servizio militare (Ufficiale di Complemento) in Piemonte e poi si laurea in giurisprudenza, nel 1932, presso l’Università di Torino, con una tesi in diritto penale, sul rapporto di casualità.

Palatucci sceglie di non intraprendere la carriera da avvocato, a Napoli, come avrebbe voluto il padre, ma inizia a lavorare nella Questura di Genova, durante l’agosto del 1936, dove ottiene il grado di “volontario vice commissario aggiunto”.

Nel 1937 frequenta la scuola di formazione di funzionari della Questura di Genova. Palatucci nota e denuncia alcuni atteggiamenti sbagliati nella Questura di Genova, rivelandoli in un’intervista.

Il questore, dopo questa intervista, trasferisce Palatucci a Fiume.  Il 21 ottobre del 1937, il questore Rosai scrive una lettera al viceprefetto Dr. Carlo Scrivi, in cui dice: << (…) Le designo per il trasferimento da questa ad altra sede il vicecommissario aggiunto di P.S. dott. Palatucci Giovanni, del quale non sono eccessivamente contento >>.

Il Dr. Palatucci viene trasferito il 15.11.1937 a Fiume, che, nel 1924, era diventata una città del Regno d’Italia.

A Fiume, Palatucci diviene responsabile dell’ufficio stranieri della Questura.

Dopo l’approvazione leggi fasciste, Palatucci – come secondo ruolo – ottiene quello di mettere un “visto” sui permessi di soggiorno degli ebrei, che abitavano in Italia. Palatucci, quindi, inizia la sua opera di benevolenza, distruggendo molti fascicoli di cittadini ebrei per non farli deportare dalle S.S.

Dai documenti conservati in più archivi, risulta che il Dr. Palatucci non manifestò in modo accentuato l’orientamento politico del tempo, inspirato alle direttive mussoliniane, ma egli mantenne una linea di riservatezza, un proprio rigore morale, un’attenzione verso i valori chiave e manifestò un rispetto non servile verso chi rappresentava lo Stato in quel momento.

Palatucci divenne commissario di Fiume nel 1946 e, così, ottenne l’accesso agli archivi della Questura, dove continuò a distruggere tutti i documenti sugli ebrei.

Palatucci, nelle relazioni ufficiali relative agli ebrei, difese apertamente i suoi uomini dai maltrattamenti dei tedeschi.

Gli ufficiali tedeschi, infastiditi dalla cosa, inviarono la richiesta di arresto di Palatucci.

Il 13 settembre 1944, su ordine del tenente colonnello Kapler, le S.S. perquisiscono casa sua e trovarono delle prove riguardo la liberazione di alcuni ebrei.

Pertanto, Palatucci venne arrestato nel settembre 1944 e poi deportato nel campo di concentramento Dachau, nell’ottobre dello stesso anno.

L’ultimo amico che vide Palatucci fu il brigadiere di pubblica sicurezza Pietro Capuozzo che, come dicono i testimoni oculari, una volta saputo della partenza di Palatucci verso la morte, andò subito in ferrovia per salutare il compagno.

Palatucci lasciò a Capuozzo un bigliettino, con il sue testamento e disse queste parole: “Capuozzo, accontenta questo ragazzo. Avverti sua madre che sta partendo per la Germania. Addio !”.

 

 

Molti studiosi hanno approfondito l’analisi degli eventi storici che coinvolsero Giovanni Palatucci, anche per porre fine alle incertezze riguardanti il suo operato.

Bisogna evidenziare la grande difficoltà di indagine, là dove è stato necessario individuare tracce di azioni svolte nella clandestinità.

Si stima che, in totale, gli ebrei salvati da Palatucci furono circa 5000 e, per questo, Egli viene considerato martire per la Chiesa Cristiana e “Uno dei Giusti” per la Chiesa Ebraica.

Nel 2001, la Rai ha realizzato una fiction in onore del commissario, intitolata “Senza Confini”.

Sicuramente Palatucci è stato un grande uomo, che ha sacrificato la sua vita per salvare quella di persone innocenti, ingiustamente condannate alla morte, solo per la loro appartenenza alla “razza ebraica”.

Palatucci è sicuramente un esempio da seguire, perché ha saputo opporsi al sistema, evidentemente ingiusto, mentre gli altri fingevano di non vedere, facendo finta di niente.

Il commissario, quindi, non si è mai arreso alle idee sbagliate, dominanti nel periodo storico in cui ha vissuto, né alla prepotenza delle S.S., ma ha sempre continuato ad aiutare i più deboli e gli indifesi, sacrificando, per loro, la sua vita.

Palatucci era un uomo di legge.

Ha svolto il delicato compito di funzionario statale, in un periodo in cui il rispetto di leggi ingiuste imponeva di violare altri principi, di rilievo ben più alto; di valori universali, quali il rispetto dell’uomo, della vita e della dignità umana.

La grandezza di Palatucci risiede proprio nel fatto che Egli ha saputo trovare, nella sua coscienza, questo equilibrio, per superare il conflitto che spesso esiste fra legge e giustizia.

Quando si è reso conto che il rispetto della legge imponeva di violare principi di ben altra natura, che attenevano alla sfera della dignità umana, non ha avuto esitazioni: ha saputo riconoscere nelle disposizioni di legge vigenti, in quel determinato periodo storico, le infrazioni alla legge superiore della coscienza umana, alla quale dovrebbe sempre uniformarsi anche il diritto, ed ha deciso di violare la legge degli uomini, percepita come ingiusta, per osservare la legge superiore, innata in ogni uomo, che impone a tutti il rispetto del proprio simile, sopra  ogni cosa.

Ha saputo cogliere, da giurista, il vero scopo del diritto, che è quello di garantire, nella pace, una convivenza tra gli esseri umani, finalizzata alla tutela della dignità della persona umana ed alla sua piena realizzazione.

Questi valori – benché universali – sono stati riconosciuti solo anni dopo il sacrificio di Palatucci, con la “Dichiarazione universale dei diritti umani” e l’avvento della nostra Costituzione.

L’esperienza di Palatucci ci insegna a comprendere cosa sia veramente la giustizia, che non sempre corrisponde con il diritto, fatto dagli uomini e condizionato, talvolta, da ideologie spesso disumane.

Palatucci – con il sacrificio della sua vita – ci ha insegnato che tutti abbiamo il dovere di ribellarci a leggi ingiuste, che violano i diritti fondamentali dell’uomo, facendo il possibile per evitare che esse possano avere il sopravvento, rispetto ai valori fondamentali della pace, del rispetto della dignità umana e della vita.

Giovanni Palatucci volle intendere la giustizia nel suo senso più vero.

Tutto il suo pensiero, ritengo, possa essere racchiuso in questa sua frase, che, in modo semplice e con poche parole, riesce a sintetizzare la grandezza dell’uomo e l’attualità del suo insegnamento:

 

… ci vogliono dare ad intendere che il cuore sia solo un muscolo e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra religione ci dettano …”.

 

Oggi più che mai, anche alla luce della grave emergenza sanitaria che stiamo vivendo, l’umanità ha bisogno che il cuore di ciascuno prenda il sopravvento, come ci ha insegnato Palatucci.

 

M.F., classe 3 sez. B

Silvia De Simone
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