728 x 90

Peppino Impastato: un esempio per tutti noi (alunni 5 sez. C primaria Lioni)

Nato il 5 gennaio del 1948 a Cinisi,  cittadina a pochi chilometri da Palermo, già a 17 anni se ne andò via di casa dopo aver litigato con il padre. Lui odiava la mafia perché proprio suo padre era un mafioso, un capo clan. Coraggiosamente si mise contro la famiglia e la mafia, sapendo già che gli sarebbe costata la vita.  Fu assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio, dopo il suo ultimo comizio. Si era infatti candidato alle elzioni comunali nella lista di “Democrazia prolataria”. Il suo cadavere fu fatto saltare in aria con del tritolo, sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, così da far sembrare che si trattasse di un fallito attentato suicida. Fu ucciso per ordine del boss mafioso Gaetano Badalamenti, nello stesso giorno in cui fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro a Roma. Il ritrovamento del corpo del presidente della Democrazia cristiana, ucciso dalle Brigate rosse dopo 55 giorni di prigionia, fece passare in secondo piano la notizia dell’omicidio di Impastato. I mezzi d’informazione, le forze dell’ordine e la magistratura parlarono di un’azione terroristica in cui l’attentatore era rimasto ucciso. Solo la determinazione della madre di Peppino, Felicia, e del fratello, fece emergere la matrice mafiosa dell’omicidio, riconosciuta nel maggio del 1984 anche dal tribunale di Palermo. Ma soltanto nel 2002 Gaetanto Badalamenti, il mandante del suo omicidio, fu condannato all’ergastolo.

Peppino Impastato è morto per aver fatto quello che le altre persone non avevano il coraggio di fare, è morto per non aver fatto finta di niente ma per aver agito,  è morto per iniziare a rendere il mondo un posto migliore. Peppino Impastato era questo: un giovane siciliano che sognava un Paese libero dalla mafia, un Paese di cui tutti avrebbero dovuto apprezzarne la bellezza. Era un giornalista, un poeta ed attivista che avvertiva il desiderio di cambiare il nostro Paese. La sua arma erano le parole.

Dai microfoni di “RADIO AUT”, le sue parole colpivano, prendendo in giro “gli abitanti di Mafiopoli” e “Tano seduto” , come lui chiamava Gaetano Badalamenti.

Così arriviamo al centro di Mafiopoli, piena di gente che fa per professione l’ingannapopoli”. “A Mafiopoli si coltiva un ortaggio speciale: il mafio: un incrocio tra carciofo, pallone gonfiato e lupara”.

Ci vuole coraggio e determinazione per dire cose del genere, a maggior ragione se si è il figlio di un capo clan della mafia. Queste azioni dimostrano che Peppino teneva tanto a combattere e a distruggere questo male totalmente privo di moralità e dignità anche se sapeva dal primo giorno che sarebbe stato ucciso, purtroppo.

“La mafia uccide il silenzio pure!”

La mafia sì, uccide, ma il silenzio uccide lo stesso se non ci ribelliamo. Quindi dobbiamo essere coraggiosi come Peppino Impastato ed esprimere le nostre parole e i nostri pensieri. La mafia quindi uccide, ma lo fa anche il nostro silenzio.

“Anche su una montagna di schifo possono nascere dei fiori!

Anche le persone mafiose possono cambiare e diventare persone rispettose ed educate.

Peppino Impastato è stato un uomo che si è fatto sempre avanti come dovrebbero fare tutti. Nonostante sia cresciuto in una famiglia mafiosa, si è sempre dichiarato contro la mafia ed ha agito di conseguenza, trasformando le sue parole in azione.

Peppino Impastato può vivere ancora oggi, dentro ognuno di noi

“E venne da noi un adolescente

dagli occhi trasparenti

e dalle labbra carnose,

alla nostra giovinezza

consunta nel paese e nei bordelli.

Non disse una sola parola

nè fece gesto alcuno:

questo suo silenzio

e questa sua immobilità

hanno aperto una ferita mortale

nella nostra consunta giovinezza.

Nessuno ci vendicherà:

la nostra pena non ha testimoni”.

Gli alunni della classe 5 sez.C della scuola primaria di Lioni

Carla Capponi
Carla Capponi
ADMINISTRATOR
PROFILO

Articoli Correlati

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con *