728 x 90

Per non dimenticare…

Per non dimenticare…

Giovanni Palatucci nasce a Montella, il 31 maggio 1909. A ventitré anni, si laurea in giurisprudenza e nel 1936 si arruola come volontario nel ruolo di Vice Commissario di Pubblica Sicurezza a Genova. Alla fine del 1937 viene trasferito alla Questura di Fiume come responsabile, negli anni successivi avrà incarichi di Commissario e di Questore-reggente dell’ufficio stranieri, ruolo che lo mette a contatto diretto con la dura realtà della condizione degli ebrei. Rodolfo Grani, ebreo fiumano che conobbe personalmente Palatucci, lo ricorda come “nobilissimo giovane cattolico” e cita un suo primo grande intervento di salvataggio del marzo 1939. Si trattava di 800 fuggiaschi che dovevano entro poche ore essere consegnati alla Gestapo. Un calcolo approssimativo ha stimato in più di 5.000 il numero di persone che Giovanni Palatucci aiutò a salvarsi durante tutta la sua permanenza a Fiume. Il 13 settembre 1944 il funzionario di polizia viene arrestato dal tenente colonnello Kappler delle SS e tradotto nel carcere di Trieste, da cui, il 22 ottobre, è trasferito nel campo di sterminio di Dachau, dove muore il 10 febbraio 1945, pochi giorni prima della Liberazione, a soli 36 anni. Nel 1990 lo Yad Vashem di Gerusalemme lo giudica “Giusto tra le Nazioni” e nel 1995 lo Stato italiano gli attribuisce la Medaglia d’Oro al Merito Civile. Il 21 marzo 2000 il Vicariato di Roma emana un Editto per l’apertura del processo di beatificazione del “Servo di Dio Giovanni Palatucci”, avvenuta il 9 ottobre 2002. Inoltre, in occasione della cerimonia ecumenica Giubilare del 7 maggio 2000, Papa Giovanni Paolo II lo annovera tra i martiri del XX Secolo. A Giovanni Palatucci sono dedicati: la Questura di Brindisi, il parco pubblico principale della Città di Nettuno, in provincia di Roma, un viale cittadino e la locale sezione della Associazione Nazionale Polizia di Stato a Caggiano, una piazzetta nel centro storico di Padova, davanti alla questura, e una via di Montelupone, dedicatagli il 27 gennaio 2007, in occasione del “Giorno della Memoria. In Israele gli fu intitolata una strada di Ramat e una foresta di settantacinque alberi, a Montella gli è stata dedicata la Scuola Primaria Statale “Giovanni Palatucci” e una piazza. Il New York Times riporta anche la testimonianza di una ragazza sopravvissuta Edna , che ha scritto a Yad Vashem dopo la decisione del Museo di riesaminare i documenti su Palatucci alla luce dei risultati della nuova ricerca per difendere l’operato del commissario fiumano. “I miei genitori racconta la donna mi hanno riferito in diverse occasioni che se noi siamo sopravvissuti è stato grazie a Giovanni Palatucci. Mia madre inoltre mi diceva sempre che Giovani Palatucci era perfettamente consapevole del fatto che i tedeschi l’avrebbero catturato a causa delle sue azioni.”

Sono rimasta molto colpita dalla storia di Giovanni Palatucci: è stato un uomo altruista in un momento storico difficile da affrontare a causa della guerra che c’era in atto. Ha aiutato molte persone e come gli altri poteva tranquillamente farsi i fatti propri e svolgere il suo ruolo da poliziotto, ma lui invece ha voluto rischiare la propria vita per salvare quelle in pericolo. Nell’epoca di oggi le persone hanno iniziato a essere più egoiste e irascibili, i pensieri della gente penso che non siano più orientati su come aiutare gli altri, ma su come fare del male. Essendo in una pandemia mondiale servirebbe ancora di più l’altruismo, dovrebbero esistere più persone come Giovanni Palatucci. A m io avviso lui vuole insegnarci a metterci nei panni altrui e di chi sta soffrendo in modo da poterli aiutare. Su di lui hanno girato anche un film interessante che aiuta a riflettere sulle proprie azioni  intitolato “Senza Confini” in cui raccontano che nel 1938 il commissario Palatucci viene trasferito a Fiume, dove risiede una comunità ebraica. Costretto dal regime fascista a operare dei controlli antisemiti, sempre più serrati, decide di aiutare quelle persone. Palatucci, racconta Veneroso, lasciò passare da Fiume migliaia di ebrei provenienti da ex Jugoslavia, Austria, Romania e Ungheria, per poi aiutarli a fuggire. Conferma questa versione anche Amerigo Cucciniello: “Era sempre pronto in ogni momento ad aiutare la gente”. Con le leggi alla mano riusciva sempre a risolvere certe situazioni complicate. Sapeva agire con le autorità, bisognava aggirare le leggi in modo da non intaccarle”.

Elizabet Quitt Ferber, nata a Fiume racconta: “Il dottor Palatucci ci fece avere il soggiorno per rimanere a Fiume. Dopo due anni, quando tutti i rifugiati dovevano lasciare Fiume, abbiamo potuto scegliere il nostro campo d’internamento libero. Come noi, ha aiutato una moltitudine di persone “.La tesi che rimbalza nel saggio è chiara e affidata alle parole di Anna Foà: “L’attività di Palatucci si legge come tutte le attività di questo genere, non poteva che svolgersi nel segreto”. Dello stesso parere Wolf Murmelstein : “Solo chi era considerato camerata affidabile poteva aiutare senza, però, lasciare documentazioni scritte dice l’aiuto poteva consistere: o nel chiudere gli occhi o nel fingersi zelanti esecutori di ordini. Con questa tecnica, Palatucci disobbediva all’ordine di Mussolini di espellere questi profughi e consegnarli ai nazisti che li mandavano al campo di concentramento”. La sopravvivenza era maggiore nei campi di internamento rispetto a quelli di concentramento. Insomma, Palatucci non avrebbe lasciato traccia scritta dei suoi salvataggi.

La sua vita è la testimonianza concreta della famosa frase:

” Ci vogliono dare ad intendere che il cuore sia solo un muscolo e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra religione ci dettano “

Lavoro di: I.R., classe 3 sez. B

Silvia De Simone
Silvia De Simone
ADMINISTRATOR
PROFILO

Articoli Correlati

Lascia un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con *