40 anni dal Terremoto del 23\11\1980
Chi c’era, chi lo ha vissuto, chi era bambino e ne ricorda i momenti, chi non era ancora nato ed oggi ne sente ancora parlare. Era una domenica sera, la giornata era stata troppo calda per quella stagione autunnale. La terra tremò all’improvviso, senza scosse di preavviso, un boato improvvisamente e un cupo e allo stesso tempo assordante rumore, lungo circa novanta secondi, si sentì in Campania e Basilicata, l’epicentro in Irpinia e Lioni è stato uno dei comuni maggiormente colpiti da quell’evento drammatico.
A Lioni ci furono 228 morti e Lioni era uno dei Paesi dai nomi quasi sconosciuti e da quel giorno scolpiti nella memoria di chi ha vissuto quel dramma.
Oggi sono trascorsi quarant’anni, ma è vivo come fosse accaduto ieri il ricordo di quella serata e delle settimane che seguirono, in cui si vide uno Stato assolutamente impotente dinanzi a tale disastro ma che allo stesso tempo si videro donne e uomini che hanno permesso ai nostri Paesi di rialzarsi, volontari venuti da tutto il mondo e una solidarietà che ha rappresentato l’ultimo vero momento di solidarietà Nazionale che il nostro Stato ricordi.
Da amministratore oggi, durante i momenti di difficoltà che quotidianamente si vivono e soprattutto in questo momento di emergenza sanitaria, mi capita spesso di pensare al coraggio ed alla forza che hanno avuto gli amministratori locali di allora. Quaranta anni fa l’Irpinia imparò che essere una sola voce, muoversi come un corpo solo, sono le uniche armi per affrontare tragedie e battaglie.
Oggi serve la stessa determinazione per onorare non solo la memoria delle vittime del terremoto ma anche per tracciare una nuova idea di sviluppo e rileggere un territorio attraverso le nuove opportunità che anche un evento drammatico inevitabilmente determina.
Yuri Gioino, sindaco di Lioni
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Carla Ferrari
25 Novembre 2020, 12:36Avevo 27 anni e la mia vita procedeva tranquilla, ma un boato all’ improvviso mi terrorizzo’,abitavo al quinto piano di via Tagliamento. C era anche mio padre,quella sera e mia figlia aveva 3 anni, era appena guarita da una bronchite.corsi da mio marito,che,da geometra,capì subito la gravità della scossa:gli angoli del soffitto delle stanze si incrociavano e c erano 5 piani di scale da scendere.ci guardammo negli occhi e ci salutammo con uno sguardo:lui prendeva la piccola, io ero accanto a mio padre,che scendeva le scale piano ,piano,ma non lo lasciai,continuavo a stargli vicino,avevo scelto lui. Alla fine arrivammo nell’ atrio del portone,presi la piccola e corremmo verso la macchina per raggiungere il resto della famiglia a via tuoro……tutto il resto è storia.
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