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Un Natale diverso – Giuni Tuosto

Un Natale diverso – Giuni Tuosto

Sta per concludersi il 2020.

L’anno di Soleimani ucciso a Bagdad su ordine di Trump. L’anno del rincaro del petrolio e delle proteste razziali negli U.S.A. L’anno di una pandemia inaspettata e di un vaccino non ancora arrivato. L’anno del Covid, del “tutti a casa” e dello smart working.

Abbiamo visto imperversare sui social lo slogan “black lives matter” tanto quanto “uniti ce la faremo”, mentre la fotografia di Elena Pagliarini, una donna qualunque, sconosciuta ai più, faceva il giro del web: fa l’infermiera Elena Pagliarini, all’ospedale Maggiore di Cremona ed è una sera come tante nel suo reparto. È stremata, sono le nove di sera. Ha assistito più di cinquanta pazienti, alcuni li ha intubati ed ossigenati, altri non li ha aiutati per mancanza di tempo. La sua collega, la dottoressa Francesca Mangiatordi, ha la passione per la fotografia: uno scatto veloce, alle spalle di Elena, la immortala per sempre in una posa destinata a fare la storia d’Italia al tempo del Covid. In foto Elena dorme riversa sulla tastiera del pc, ha ancora addosso cuffietta e mascherina. Dorme di un sonno bistrattato, rimediato alla buona, strappato al suo turno di lavoro, rubato contro la sua volontà…come lo scatto fotografico.

È il mese di marzo 2020: gli infermieri sono tutti nelle condizioni psico-fisiche di Elena Pagliarini, ma gli italiani non lo sanno e i media non lo dicono. C’è ancora chi si ribella alle disposizioni governative e non rispetta il lockdown, mentre negli ospedali i medici lavorano senza sosta, non trovano neanche il tempo per dormire e si infettano. Si perché Elena Pagliarini si è infettata sul lavoro, come tanti prima e dopo di lei. Oggi è guarita e sta bene. Ci voleva il Covid per renderla la famosa, dice con ironia:

 

“Sono un simbolo. E se serve va bene così. In fondo non succede a tutti di diventare famosi. Anche se non avrei voluto che capitasse così”.

 

Da marzo a dicembre 2020 le cose non sono cambiate per gli italiani, dalla prima alla seconda ondata, passando per un’estate strana. L’anno che è iniziato con un lockdown generalizzato si è concluso con tanti piccoli lockdown localizzati, dalle zone rosse a quelle gialle, dai divieti regionali alle ordinanze sindacali e pare che ci regalerà un Natale rosso. Il web, i giornali e i tg titolano: “il Premier Conte prepara la festa agli italiani per Natale”, “aria di lockdown durante le feste”, “possibile stretta a Natale”.

E se gli italiani sentono sulla pelle la morsa di questa stretta natalizia, ancora di più avvertono lo spettro della terza ondata alla soglia del 7 gennaio 2021, quando, in teoria, il lockdown natalizio dovrebbe concludersi e si potrebbe tornare a scuola in sicurezza. 

Il fantasma del Covid sembra perseguitarci come gli spiriti del Natale che arrivano, nella notte della vigilia, a disturbare Ebenezer Scrooge, il banchiere tirchio, inaridito dalla vita e dai soldi, protagonista di “Un canto di Natale” di Charles Dickens. 

Che il Covid sia giunto, come gli spiriti del Natale di Dickens, a ricordarci che non siamo fatti di solo lavoro, nell’era della globalizzazione e della guerra del petrolio? A Natale, soprattutto. Niente consumismo, niente pranzi in compagnia, pochi regali. Un Natale diverso. Un Natale isolato. Un Natale sofferente. Tutti lo sentiremo dentro di noi come una cicatrice sanguinante o un cuore esposto al dolore. Quello che non ci dicono da bambini è che il dolore fa bene all’anima, che la diversità è ricchezza di spirito, che le cicatrici di Cristo hanno salvato l’umanità e che nell’isolamento si compiono i miracoli. È vero, ci sentiamo tutti un po’ soli in questo strano Natale 2020: il Covid ha stravolto noi e pure il Natale. Ha modificato le nostre abitudini lavorative, le uscite con gli amici, il modo di viaggiare, di vivere e perfino di amare. Ci ha imposto il no contact. Ci ha fatto sentire più cyber che umani. L’altra cosa che non ci dicono da bambini è che a Natale il no contact non esiste. Non perché è tradizione che a Natale si stia in compagnia, ma perché, indipendentemente dalle barriere geografiche e fisiche, il Natale è presenza. Natale è esserci. Esserci spiritualmente e mentalmente. Esserci col cuore. Ed esserci è diverso da stare in compagnia. Essere dall’altra parte del mondo o sull’uscio della porta di casa senza alcuna differenza è possibile, amarsi e percepirsi con forza a distanza, anche. Sentirsi, captarsi, intercettarsi, questo è esserci. Se riuscirete a fare questo senza stare in compagnia, sentendo le persone care scorrervi sotto la pelle, allora festeggerete un buon Natale 2020 e avrete fregato il Covid, il no contact e le distanze geografiche. 

Giuni Tuosto

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Viviana Miele
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1 Commento

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    Marco
    23 Dicembre 2020, 7:54

    "Esserci è diverso da stare in compagnia".
    Uno sguardo lucido e profondo su questo Natale. Diverso.
    E sfacciatamente più vero.

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